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Il Frutto della Memoria

Fascismo italiano in rapporto a società e Stato

Di Giordano Pannocchia


Negli ultimi anni, alcune parole che da molto tempo non venivano ricordate, in particolare pensandole in relazione tra di loro, come “libertà”, “memoria”, “resistenza” e “fascismo”, sono tornate ad essere parte integrante dei discorsi che si possono ascoltare intorno a noi, su più livelli. Sono tornate nei vuoti dibattiti televisivi, nei discorsi dei partiti elettorali in Parlamento, nelle riflessioni, spesso unicamente intellettuali, di alcuni ambiti accademici. Sono tornate - e questo è molto più importante - anche nelle conversazioni quotidiane, nelle preoccupazioni per il futuro di comunità, famiglie e della società tutta. Collettivamente, chi con rassegnazione e chi con una presa di responsabilità, vuole riconoscere negli ultimi anni di storia istituzionale di questo Paese un cambio di passo, verso un avvenire che non sembra roseo.


L’Italia è uno Stato in crisi, da molteplici punti di vista.


L’economia finanziaria, la precarietà e il collasso dei servizi “pubblici”, a cui si assiste da molti anni a questa parte, hanno infranto le speranze di molte generazioni di giovani. Ma non c’è solo questo. Oltre le crisi materiali, ve ne sono di ben più radicate, che scavano da tempo nelle coscienze delle persone. Il progetto politico dello Stato italiano ha perso qualsiasi credibilità, qualsiasi capacità di mostrarsi nei confronti della società italiana come un modello positivo. Forse queste promesse avevano addirittura ammaliato qualche giovane che quello Stato ha contribuito a plasmarlo. Sta di fatto che ad oggi questo progetto è agli occhi di tutte e tutti nulla di più di una struttura amministrativa, una stampella a cui appoggiarsi per i grandi industriali e un padrone lontano per gran parte della popolazione.


Continuità del fascismo


I movimenti e le lotte non avevano mai abbandonato questi concetti, provando fin da subito ad individuare una continuità tra la Resistenza partigiana e le lotte antifasciste dal dopoguerra ad oggi; si riconosceva di non aver fatto del tutto i conti con il fascismo, si avevano ben presenti volti e nomi che avevano ricostruito da subito il fascismo in modo organizzato. Una vecchia canzone antifascista degli anni ‘70 diceva che se vuoi far crescere un buon raccolto, ma non togli tutta la radice della malapianta, in realtà hai fatto solo un innesto, sul quale questa può continuare a crescere. Questa è la prospettiva militante che si è mantenuta fino ad oggi e che nel corso degli anni ha visto il mondo cambiare repentinamente attorno a sé e non sempre ha saputo attualizzare il suo modo di comunicarsi.


Una cartina tornasole, che però ha dato indicazioni chiare e che ha sempre parlato non solo ai movimenti e associazioni, ma a tutte le componenti della società: sono i pacchetti di leggi, in particolare quelli che in Italia negli ultimi anni sono stati chiamati “decreti sicurezza”. Con l’ultimo di questi provvedimenti - la proposta di DDL 1660 - sembra che molte coscienze abbiano deciso di risvegliarsi.


Non garantite sicurezza, instillate paura


Questa è una delle molte frasi che si potevano sentire alla manifestazione nazionale contro questa proposta di legge, svoltasi lo scorso inverno a Roma. Le principali misure per “garantire la sicurezza” sono in realtà un pacchetto repressivo bello e buono. Si tratta di pene per chi si rivolta nelle carceri e nei CPR, per chi detiene “materiali per atti terroristici”, per chi occupa case vuote. Permette inoltre alle forze dell’ordine di detenere armi anche al di fuori dell’orario di servizio.


Questa proposta arriva dopo un anno di mobilitazioni quasi ininterrotte a sostegno del popolo palestinese


Queste mobilitazioni sono riuscite a coinvolgere molte persone, una parte delle quali grazie a questi percorsi ha saputo ritrovare una prospettiva nel proprio vivere e ha sviluppato una profonda sfiducia nei confronti del governo e dello Stato italiano. La consapevolezza e la volontà di lottare, acquisite da fasce più trasversali della società italiana, sono sicuramente due degli aspetti che più potrebbero minare il piano di trasformazione dell’Italia in un tassello adatto a svolgere il ruolo che gli verrà assegnato all’interno della guerra. Ad aprire uno dei numerosissimi spezzoni della manifestazione che raccontavamo prima, si intravedeva un piccolo striscione: “Contro il DDL paura”, forse ciò che ha scosso di più molti animi.


Come si può giustificare la guerra?


Nel contesto odierno di Terza Guerra mondiale, queste leggi hanno l’unico scopo di costruire nell’“opinione pubblica” - quella fetta di società con la mentalità piccolo borghese che è rimasta immobile di fronte agli avvenimenti e che da questi non si è sentita toccata - una paura generalizzata, che muova ad invocare una soluzione a tutto questo, a ricercare stabilità e de-responsabilizzazione nella gestione della vita pubblica. In un discorso alla festa del suo partito, la Presidente del Consiglio ha detto che il suo più grande successo sarà “far tornare gli Italiani a credere in sé stessi”. I provvedimenti del Governo, tuttavia, mirano ad avvicinare la popolazione allo Stato, alla sua figura e al suo partito, in una grande opera di propaganda della mentalità statalista e patriarcale. Tuttavia, la paura e l’ordine non si vedono solo nelle dinamiche sociali, ma coinvolgono altri aspetti di questa guerra.


Una delle misure più importanti di questo DDL sicurezza è quella contro i blocchi stradali pacifici, per i quali si prevede un reato penale con possibilità di reclusione. Questo colpirà in particolare due tipi di proteste: i blocchi stradali dei movimenti ecologisti e i picchetti di lavoratrici e lavoratori in sciopero, specialmente nei settori della produzione e della logistica.


Ad oggi, senza che questo DDL sia in atto, in alcune città italiane rilevanti nel settore della logistica, come Milano e Piacenza, si contano 3000 sindacaliste e sindacalisti sotto indagine e a processo. Sotto attacco sono proprio i picchetti e i blocchi che questo decreto vorrebbe rendere illegali e che hanno permesso in molti casi di vincere vertenze importanti. Senza andare a cercare busti del duce in casa ai ministri, bastano le azioni a tradire le reali spinte dello Stato e delle forze politiche che, coerenti con una determinata storia che le lega direttamente al ventennio di Mussolini, si muovono sempre nella stessa direzione, quella della violenza e della sopraffazione.


Patrioti?


Ad un incontro del G7 in Italia quest’anno, il Ministro italiano della Difesa parlava del mondo riferendosi ad un “quadro di sicurezza deteriorato”, guardando ai fronti NATO aperti su Europa, Medio Oriente e Pacifico. Seppur non possano dirlo esplicitamente, nemmeno le grandi potenze possono più continuare a nascondere la natura globale delle guerre in atto, una Terza Guerra mondiale che il movimento di Liberazione del Kurdistan da tempo individua come un attacco degli Stati-nazione, come espressione della mentalità patriarcale e statalista, contro l’umanità. L’Italia ha in questo un ruolo a più livelli, dal controllo della frontiera, allo sviluppo di innovazione tecnologica, al supporto logistico per la presenza militare nel Mediterraneo, a seconda delle alleanze che si osservano. Ha nei confronti dell’Europa un ruolo di “cancello” assieme alla Turchia, ovvero sul controllo e il contenimento dei flussi migratori verso gli stati dell’Unione Europea. Mentre Erdogan ha in questo una posizione di ricatto per il contenimento delle persone che vorrebbero entrare nell’UE tramite il territorio turco, l’Italia negli ultimi anni sta cercando soluzioni sempre nuove per respingere persone e lasciarle in balia del Mar Mediterraneo, o meglio ancora per evitare da principio che queste inizino la traversata. Negli scorsi anni la politica principale ha riguardato la formulazione di accordi con la Guardia Costiera libica, finanziando sostanzialmente prigioni per migranti e sovvenzionando la violenza quotidiana che si svolgeva - e si svolge - in quelle mura. Intanto, negli ultimi mesi il Governo ha tentato di aprire un CPR per migranti attraverso un accordo con lo Stato albanese, che al momento non è andato a buon fine, interrotto dai Magistrati italiani.


I “patrioti” italiani eseguono quello che l’Unione Europea gli dice di fare, ma soprattutto si mettono al completo servizio della NATO.


Le industrie belliche italiane, Leonardo S.p.a. in primis, sono l’avanguardia nel settore dell’aerospazio e della produzione di missili, cannoni e droni che in questi mesi hanno tuonato sopra i cieli di Gaza e del Rojava.


La patria di cui parla lo Stato non è altro che un concetto economico e politico, svuotato di qualsiasi significato etnico ed etico. Questa è la vera caratura del nazionalismo e del fascismo, ideologie in simbiosi con la guerra, con l’unico scopo di mantenere una società sotto schiavitù.


Lottare per la libertà


Se dalla storia dobbiamo riconoscere i nemici, è ancora più importante recuperare le facce amiche da mettere a fuoco. E la storia di questo lembo di terra è costellata di giovani uomini e giovani donne che, davanti a tutto questo, dopo una vita intera sotto un sistema educativo, culturale, economico e politico egemonizzato dal fascismo, non hanno dimenticato i valori di una società ecologica e democratica. Oggi dobbiamo svelare la profonda violenza che nei nostri giorni si consuma, dal punto di vista fisico come da quello culturale. Il tentativo di silenziare la voce delle giovani donne, gli attacchi alla gioventù e tutte le altre forme di oppressione, hanno un comune denominatore in un sistema di dominio che calibra la sua espressione in relazione a quanto è a rischio.


Tra le centinaia di migliaia di persone che hanno deciso di opporsi al fascismo negli anni della dittatura c’è stata sicuramente paura. Una paura che però nelle lettere dei condannati e delle condannate a morte della Resistenza non vediamo come elemento principale; vediamo invece una profonda gioia, la consapevolezza di aver fatto la cosa giusta.


Anche se il mondo che abbiamo attorno oggi ci sembra nella crisi più profonda, abbiamo dentro di noi gli strumenti per uscirne, che passeranno dall’organizzazione e dalla lotta per sradicare il patriarcato, il fascismo che ne deriva e tutte le altre forme di oppressione che gravano sui popoli.

 
 
 

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